Non resta molto tempo per valutare le opportunità che permettono l’accesso e la permanenza nel nuovo regime forfettario ad autonomi e professionisti. Le scelte che decideranno il proprio futuro fiscale bisogna farle prima del 1° gennaio, ovvero prima dell’entrata in vigore della manovra 2020. Anche se ancora in fase di incubazione.
Qualcosa però già sappiamo: se l’ammontare dei compensi percepiti nell’anno 2019 supera il tetto limite di reddito fissato per legge, non si potrà entrare o restare nel nuovo regime forfettario.
I lavori sono ancora in corso, è vero, al punto che il nuovo forfettario potrebbe subire ulteriori modifiche in corso d’opera, essendo ancora all’esame del Parlamento. Ma il limite per l’accesso e la permanenza nel regime fiscale agevolato – flat tax al 15% per autonomi e professionisti – è stato già fissato: può beneficiarne chi non supera il tetto di reddito fino a 65.000 euro.
Il conto alla rovescia è partito: il destino finanziario della schiera numerosa di chi possiede partita IVA si decide a stretto giro. E prima del nuovo anno bisogna valutare bene quali mosse conviene fare per definire la propria situazione fiscale e trarne vantaggio.
Saranno, infatti, redditi e compenso del 2019 a dettare le condizioni per l’ingresso e la permanenza nella flat tax 2020. Quindi, il professionista che voglia entrare o restare in questo regime, dovrà attenersi alla condizione fiscale del 2019.
Ecco cosa cambia rispetto allo scorso anno: la soglia di reddito per usufruire del regime forfettario (accedervi o restarvi) è vincolata alla situazione fiscale del 2019.
I conti sui redditi percepiti e la stima delle possibili entrate fino a fine anno bisogna farli sin da ora, perché se la previsione è quella di superare di poco la soglia dei compensi, allora la scelta più sensata sarà quella di posticipare qualche incasso all’anno nuovo.
A determinare l’esclusione dal regime forfettario e dai benefici garantiti dalla Flat Tax 2020 anche le partecipazioni o quote in società di persone o Srl, oppure in un’associazione professionale, che dovranno essere liquidate da chi vuole accedere al regime forfettario.
Quindi, entro la fine del 2019 il professionista che possiede una quota di partecipazione in una società di persone, in un’associazione professionale, o in una Srl controllata, dovrà cederla, pena l’esclusione dalle agevolazioni previste dal nuovo regime.
Per appurare il mancato superamento della soglia dei 65.000 euro non si terrà conto del ribaltamento dei costi tra professionisti.
Molto frequente il caso di condivisione di strutture, canone e bollette tra professionisti riuniti in uno stesso ufficio, ma dove uno soltanto sia l’intestatario di utenze e locazione, e che addebita una parte del canone e una parte dei costi relativi al telefono e all’energia elettrica.
A questo proposito, Agenzia delle Entrate ha dichiarato di non considerare le somme addebitate come forme di compenso per l’intestatario di utenze e contratto, ma che invece dovranno essere considerate in diminuzione diretta dei costi.
Il riaddebito, quindi, non determina l’incasso di un elemento positivo di reddito, bensì una riduzione di costo perché la quota ri-addebitata rappresenta un costo non pertinente all’attività del professionista, che pertanto non deve dichiararlo a questo titolo.
Tornano altri provvedimenti che avevano già fatto capolino e che riguardano coloro i quali percepiscono redditi da lavoro dipendente o da collaborazione per un importo superiore a 30.000 euro. A partire dal 2020 chi supera questo limite non potrà usufruire del regime forfettario.
Stessi controlli riguarderanno le retribuzioni corrisposte a dipendenti e collaboratori che, dopo la reintroduzione del limite, non dovranno superare la soglia dei 20.000 euro già a partire dal 2019.
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Scritto dalla redazione di Casadasoli.it