A un certo punto può essere necessario dover fare un cambio destinazione d’uso immobile, ovvero modificare la funzione di un immobile e/o la sua categoria di appartenenza.
Come ci si deve regolare per non incorrere in problemi ed eseguire tutto a norma?
Ad oggi, il cambio d’uso è regolato dall’articolo 23 ter nel Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001) introdotto dal decreto Sblocca Italia del 2014 che semplifica la procedura attraverso il significato di “cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante”, da intendere come trasformazione da una categoria all’altra (all’interno di queste: residenziale, produttiva e direzionale, commerciale, turistico – ricettiva, rurale).
L’articolo stabilisce che se un immobile rientra in due diverse categorie e destinazioni d’uso, gli si assegna quella con percentile superiore rispetto alla superficie utile.
Viene considerato “cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ogni forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originaria, con o senza opere, che comporti il passaggio a una diversa categoria funzionale”.
Il cambio di destinazione d’uso interessa l’immobile sia dal punto di vista catastale che urbanistico. Prendiamo il caso di un immobile che da ufficio debba diventare abitazione o viceversa, questa trasformazione può essere rilevante se si resta all’interno della stessa categoria, ma in altri casi può invece comportare il passaggio a un’altra categoria funzionale.
Trattandosi di casi diversi, a seconda dell’immobile, le domande che incalzano in queste circostanze sono diverse, tra le quali:
Non è affatto raro decidere di trasformare un’abitazione in ufficio. Quante volte capita di avere un appartamento e di volerlo usare come ufficio o come studio professionale?
E altrettanto frequente è la situazione inversa: cambiare la destinazione d’uso di locali commerciali (negozi) o di ex capannoni industriali in immobili a uso abitativo (residenziale).
Sempre più diffusa, poi, è anche la tendenza a trasformare box e garage in laboratori o magazzini, per chi necessita di spazi dove lavorare senza dover pagare somme ingenti per l’affitto di locali più grandi.
Per fare questi interventi di trasformazione non è sempre necessario ricorrere ai lavori di ristrutturazione, il cambio d’uso può avvenire con o senza opere edilizie. È invece necessario accertarsi che vi siano le condizioni preliminari per portare avanti la trasformazione senza rischiare l’abuso edilizio.
Prima di entrare nel dettaglio, vediamo quali sono le principali categorie d’uso degli immobili:
Come premesso, per trasformare un immobile senza cadere nel rischio di abuso edilizio bisogna richiedere e ottenere autorizzazioni e/o permessi, quindi verificare la regolarità urbanistica e la presenza di alcuni requisiti necessari.
Infatti, anche in assenza di opere edili il passaggio a una diversa categoria funzionale dal punto di vista urbanistico, implica la modifica del carico urbanistico per effetto di alcuni cambiamenti che intercorrono: parcheggi, consumi d’acqua, carico nella fognatura, ecc.
Se il cambio avviene nella stessa categoria funzionale – può bastare la segnalazione di una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).
E a questo proposito dobbiamo aprire una parentesi: il Decreto “SCIA 2” (D.lgs. 222/2016) ha apportato delle modifiche all’assetto normativo e alle procedure che regolano gli interventi edilizi e i titoli autorizzativi:
Ecco dunque cosa fare:
Nota bene: una volta ricevuta l’approvazione del Comune e conclusi i lavori di ristrutturazione, dovrai rivolgerti al Comune per richiedere il Certificato di Agibilità, al quale aggiungere il certificato di impianto e quello energetico APE, per la conformità degli impianti alla normativa.
Il Decreto “SCIA 2” ha semplificato la certificazione dell’agibilità degli immobili grazie alla possibilità di presentare un’autocertificazione sottoscritta da un tecnico professionista che asseveri la conformità dell’immobile e le sue condizioni di sicurezza, igiene e salubrità.
Come abbiamo detto, il cambio di destinazione d’uso di un immobile implica la modifica del carico urbanistico. Di conseguenza, fra le spese da mettere in conto bisogna considerare gli oneri di urbanizzazione che variano a seconda del Comune e dal tipo di passaggio.
Il passaggio di un immobile da una categoria funzionale ad un’altra comporta anche una variazione catastale, quindi la modifica di rendita e categoria catastale, e di conseguenza anche la modifica delle tasse da pagare.
Altre spese ricadono all’interno dei lavori edili necessari per adeguare l’immobile ai requisiti normativi della nuova categoria, come per esempio possono essere le finestre, gli impianti o l’ampliamento dei vani esistenti.
Ci sono, infine, anche i costi legati agli interventi di natura tecnica, che possono variare in relazione alle pratiche energetiche, catastali, impiantistiche, ecc.
Ci auguriamo che queste informazioni siano state utili e che tu le possa condividere con chi può averne bisogno.
Se dovete vendere o comprare una casa vi invitiamo a visitare o pubblicare un annuncio sul nostro portale gratuito.
Se non avete idea di come calcolare il giusto prezzo di vendita potete seguire i nostri consigli cliccando sul seguente link
https://www.casadasoli.it/pagina-come-vendere-casa-da-soli